entrata-museo1 scavi-scaligeri2

L’Altomedioevo

Longobardi e Bizantini

Nell’anno 476 d.C., la proclamazione di Odoacre come rex gentium da parte dei contingenti barbarici presenti nella penisola segnava la fine dell’Impero romano d’Occidente. Odoacre tuttavia non venne riconosciuto dall’imperatore Zenone, che gli oppose il capo degli Ostrogoti Teoderico.

Nel 489 d.C. Teoderico penetrò in Italia, seguendo un itinerario inconsueto rispetto ad Aquileia e alla via costiera: egli infatti attraversò la media pianura friulana e, immettendosi sulla via Postumia ad Oderzo, proseguì per Verona, dove Odoacre si era ritirato e conquistò la città.

La vittoria di Verona aprì a Teoderico la via per l’Italia padana e vide crescere sempre più d’importanza la città, che divenne uno dei centri maggiori del regno. Posta com’era a difesa della via dell’Adige, Verona si rivelò un nodo strategico fondamentale, in considerazione del cattivo stato in cui si trovavano le antiche vie terrestri di comunicazione alle quali si preferiva la navigazione fluviale o quella per canali interni.

Oltre a Verona, l’intera provincia della Venetia ricoprì in epoca teodericiana un ruolo strategico verso le regioni settentrionali e orientali: lo conferma la dislocazione in essa di magazzini militari a Trento, Treviso, Concordia, Aquileia e Cividale.

Un ruolo decisivo ebbe la Venetia anche nell’ambito della guerra greco-gotica, iniziata nel 536 dall’imperatore d’Oriente Giustiniano. I Goti, costretti a cedere Roma e Ravenna (540), tennero in scacco per anni i Bizantini nei territori della Venetia, dove capisaldi difensivi risultarono Treviso e Verona, espugnata solo nel 563.

Il dominio bizantino sull’Italia non durò a lungo. Nel 569 i Longobardi, superate le Alpi orientali e giunti a Cividale, occuparono il territorio tra il Tagliamento e l’Isonzo e si impadronirono di Aquileia. Da qui scaturì il nucleo del primo ducato longobardo, quello del Friuli. Vennero poi conquistate, secondo quanto afferma Paolo Diacono (Paolo Diacono, Historia Langobardorum, II, 9-14), le maggiori città poste sulla fascia collinare e nell’alta pianura veneta e lombarda: Ceneda, l’attuale Vittorio Veneto, Treviso, Vicenza, Verona, Brescia, Bergamo, mentre furono evitati i centri militarmente più difficili, tra cui Oderzo, Altino, Concordia, Padova, Monselice.

Questa prima fase della conquista longobarda non aveva incontrato ostacoli nell’area veneta e la precauzione di evitare le posizioni di maggior forza doveva aver contenuto le violenze e i guasti; ciò non toglie che numerosi furono gli squilibri e le conseguenze del nuovo assetto politico-militare. Fin dal primo momento, di fronte al progredire della conquista, si era innescato un trasferimento di persone verso la laguna che offriva maggiore sicurezza. Il più significativo nucleo di profughi era costituito dagli aquileiesi, tra cui il vescovo Paolo che portava con sé a Grado il tesoro della chiesa metropolitana.

Dopo la prima fase di conquista l’area veneta tornava in primo piano tra il 601 e il 603, quando Agilulfo conquistò Padova e Monselice, fino ad allora saldamente in mano bizantina. Irreversibili risultarono le conseguenze dell’occupazione nel padovano, che mise in movimento nuovi flussi migratori di gruppi di persone che cercarono rifugio soprattutto nell’area di Brondolo e Chioggia.

La conquista longobarda portò una profonda frattura nella regione, da allora e per molti secoli articolata in due aree che si differenziavano via via sempre di più: una fascia costiera legata a Bisanzio e una vasta porzione di terraferma longobarda, con ben diversi interessi.

Dopo la caduta di Padova, in terraferma restavano ancora in mano bizantina Altino e soprattutto Oderzo, sede dell’amministrazione civile e militare della provincia, che assunse il ruolo di cuneo difensivo nel cuore del regno longobardo.

Solo dopo il 669, con la caduta di Oderzo, l’assetto territoriale della regione cambiò definitivamente: il sistema difensivo bizantino si sfasciava, mentre i Longobardi avevano ormai il controllo completo del settore del territorio gravitante sulla via Postumia. Da Oderzo i funzionari civili e militari si ritiravano all’estremo limite della terraferma, dove cominciava a prender corpo Cittanova, detta anche Eraclea dal nome di Eraclio sotto il cui impero avveniva la fondazione. Lì veniva trasportata la sede del governo bizantino e trovava rifugio il vescovo di Oderzo, che aveva abbandonato la sua residenza, pur mantenendone il titolo. Il vescovo di Altino, conquistata nel 639, si rifugiava nell’isola di Torcello, dove già erano confluiti altri gruppi di profughi. Si era ad un passo decisivo, una svolta nel processo genetico della Venezia lagunare.

I principali centri urbani e assi viari della Venetia et Histria tra VI e prima metà del VII secolo

A spiegare la decadenza e la scomparsa degli antichi centri municipali di Aquileia, Concordia o Altino e la fuga in masse degli abitanti verso zone più sicure, non bastano gli eventi bellici. Alla loro fine concorsero: il venir meno del ruolo economico in funzione del quale si erano sviluppati; la riduzione dei commerci; il deterioramento delle infrastrutture, soprattutto della rete idrica, che il decaduto impero romano non aveva saputo mantenere in efficienza; il collegato dissesto idrogeologico della zona.

Una vasta fascia di terre scarsamente popolate e ricche di acque e boschi divise il Veneto longobardo da quello lagunare bizantino.

Cambiò la distribuzione dei pesi demografici ed economici nello spazio regionale: nei secoli VI e VII le aree coltivate regredirono, boschi e paludi crebbero, le città ridussero il loro spazio edificato ed abitato. Nell’arco di poche generazioni la crescita delle paludi della bassa pianura rese impraticabili vaste zone costiere. Riacquistarono importanza la pianura asciutta sopra il limite delle risorgive e la fascia pedemontana. Padova entrò in una lunga crisi e nei secoli VII-IX la vita municipale si trasferì a Monselice.

Dal punto di vista territoriale la differenza tra la situazione antica e quella di età longobarda è notevole: ad oriente la grande provincia fu privata dell’Istria, rimasta bizantina; ad occidente Bergamo e Brescia non vennero più considerate facenti parte della Venetia, ma gravitanti verso Pavia e Milano. La vasta regione orientale iniziò ad essere indicata, dalla seconda metà del secolo VII, con il nome di Austria. Separata dall’Austria longobarda, l’area costiera bizantina fu da allora conosciuta semplicemente come Venetia/Venetiae.

Anche per quanto riguarda l’organizzazione del territorio, basata sui ducati (da dux, comandante militare), le differenze con l’età romana sono profonde: accanto ai ducati di Verona, Vicenza, Treviso, in alcuni casi la sede del duca non fu posta in una città, ma in un castello (Ceneda, Sirmione, Monselice). Non tutti i castelli documentati in età longobarda divennero il centro amministrativo di propri territori, poiché alcuni mantennero funzioni solo militari.

Per queste nuove forme di organizzazione territoriale in molti casi venne meno la corrispondenza tra l’organizzazione municipale romana e quella delle diocesi.

Negli anni successivi alla conquista longobarda, pochi sono gli avvenimenti che interessano direttamente i centri veneti, che ritornano invece protagonisti nel momento del crollo finale del regno per la resistenza che oppongono ai Franchi. A questi tuttavia tutte le città sono costrette a sottomettersi dopo la capitolazione di Pavia nel giugno 774.

Il testo e le immagini (con referenze fotografiche) sono tratti da:
J. Bonetto, I. Venturini, L. Zaghetto, Veneto, Archeologia delle Regioni d’Italia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2009.