Sala 1 All’interno della prima sala sono raccolti i materiali di età preistorica e protostorica rinvenuti nel territorio di Montagnana. Subito a destra dell’ingresso, un pannello illustra la situazione archeologica della regione dal IV millennio a.C. alla romanizzazione (II sec. a.C.), con l’ausilio di una piantina che riporta l’ubicazione dei diversi ritrovamenti. Il percorso continua lungo la parete di destra con una serie di pannelli esplicativi circa l’inquadramento cronologico e territoriale dei reperti esposti nelle vetrine di fronte. Le testimonianze più antiche sono di età neo-eneolitica (fine IV-inizi III millennio a.C.) e provengono dalle località Palù e Busi. I manufatti esposti sono perlopiù strumenti in selce, tra cui possiamo segnalare una grande lama di pugnale a ritocco piatto.
La località Busi presenta una continuità insediativa anche durante l’antica età del Bronzo (XVIII–XVII sec. a.C.) e la prima fase della media età del Bronzo (XVI–XV sec. a.C.), come confermato dal ritrovamento di alcune fosse di scarico contenenti materiale fittile (boccali, scodellini e dolii), litico (pestelli e ciottoli con risega mediana), in selce (armi, bulini, grattatoi) e in corno di cervo (parti terminali di corno e placchetta incisa) riferibili alla Cultura di Polada. Le testimonianze del Bronzo medio e recente (XIV–XIII sec. a.C.) provengono dalla necropoli di Cognaro, dove è stato trovato un nucleo di 12 tombe ad incinerazione. Le sepolture erano costituite da un ossuario fittile (vaso biconico o ovoidale), contenente i resti della cremazione, e dalla rispettiva scodella di copertura.
Il nucleo di reperti forse più significativo, esposto nella seconda vetrina, proviene da Borgo San Zeno, dove esistevano un abitato molto vasto e piccoli nuclei di tombe, appartenenti all’arco cronologico compreso tra la fine dell’età del Bronzo e gli inizi dell’età del Ferro (XII–inizi VIII sec. a.C.). Interessante è lo studio fatto, grazie all’analisi del materiale raccolto e alle indagini condotte sui siti, sulle attività domestiche e produttivo-artigianali svolte nell’abitato: la lavorazione della ceramica, la filatura e la tessitura, la lavorazione dell'osso e del corno di cervo, l’industria del bronzo, la lavorazione del vetro. Alla lavorazione del bronzo rimanda anche un ripostiglio da fonditore, cui appartengono prodotti finiti e oggetti spezzati.
In località Cà Nogare-Fondo Rancan, in prossimità dell’abitato di Borgo San Zeno, è stata individuata un'importante necropoli ad incinerazione di X–IX sec. a.C., i cui reperti consistono principalmente in urne biconiche (utilizzate come ossuari), coppe–coperchio, fusaiole, fibule e altri oggetti ornamentali quali anellini. Nella stessa teca sono esposti i reperti provenienti da sepolture ad inumazione (XI–X sec. a.C.). Si sono conservati solamente due corredi che manifestano una certa similarità tipologica con reperti ritrovati a Frattesina di Fratta Polesine (fibule, lame di coltello, pani a piccone, ascia ad alette), testimoniando l’esistenza di stretti rapporti commerciali fra i due centri.
La documentazione archeologica riferibile alle fasi più avanzate dell’età del Ferro (VIII–II sec. a.C.) è meno abbondante e proviene quasi esclusivamente da contesti funerari.
Il percorso museale continua con l’esposizione del materiale proveniente da alcuni sepolcreti collocati appena fuori della cinta muraria della città (località Prato della Valle, Fondo Togni, Lago Zorzi). Gli oggetti esposti sembrano testimoniare un legame strettissimo con il vicino e potentissimo centro di Este, poiché presentano forme e motivi decorativi simili a quelli della tradizione protostorica atestina: ossuari situliformi, con o senza coperchio, con la tipica decorazione a stralucido a fasce rosse e nere, perle in pasta vitrea del tipo a “occhi compositi”, monili in foglia d’oro e alcuni oggetti di lusso.
L’ultima parte della sala è dedicata alla fase più tarda dell’età del Ferro (III–I sec. a.C.), di cui rimangono scarse documentazioni a causa del probabile spopolamento dell’area durante la romanizzazione. Il sito che maggiormente attesta questa fase di cambiamento è la necropoli di Medaglino S. Fidenzio (fondo Moro), nella quale i corredi risultano variamente composti sia per la qualità che per la quantità dei materiali: vi si ritrovano infatti corredi misti, che affiancano materiali veneti (vasellame da mensa in ceramica grigia locale) a materiali celtici (armi e attrezzi agricoli deposti fra i materiali funerari), a monete romane. Esemplare è il caso della tomba maschile rinvenuta a Montagnana in località Gomoria, che propone un corredo composto da vasellame fittile, un rilevante numero di armi e oggetti in ferro (coltelli, umbone, fibule di tipo "La Tène", cesoie in ferro) e due assi romani in bronzo databili alla fine del II sec. a.C. I dati forniti da queste necropoli delineano un quadro chiaro degli insediamenti veneti fra Este e Montagnana tra il III e il II sec. a.C.
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Sala 2 I reperti esposti nella seconda sala sono relativi alla fase romana del territorio di Montagnana e coprono un arco cronologico dalla fine del I sec. a.C. al II sec. d.C.
Il grande pannello posizionato sulla destra, all’ingresso della sala, spiega come doveva presentarsi il territorio di Montagnana in questa fase: costellato di ville rustiche e sepolcreti, ossia caratterizzato da un popolamento a macchie di leopardo.
Ancora oggi non è noto se il piccolo centro abitato fosse un vicus, un forum, un pagus o una mansio. Questa incertezza permane anche nella denominazione del sito, di cui abbiamo notizia in più fonti letterarie (cfr. Tacito: Forum Alieni, e l'Itinerarium Antonini: Mansio Anneiano). In ogni caso la probabilità della presenza di una piccola struttura organizzativa rustico-territoriale nell’attuale sito di Montagnana appare alta.
Le testimonianze archeologiche più importanti provengono tutte da un unico complesso funerario posizionato in un fondo presso via Rosa: la necropoli della gens Vassidia, databile tra l’età giulio-claudia e quella flavia (I sec. d.C.). Il materiale epigrafico è di particolare interesse e valore, in quanto ha permesso di capire l’estensione del sepolcreto (grazie alla presenza di due cippi centinati iscritti e di un pilastrino anepigrafe), la proprietà (con il ritrovamento della monumentale e sfarzosa stele funeraria che Postumulena Sabina dedicò a sé e ai suoi e che fu posta al centro dell’area funeraria) e lo status giuridico dei defunti (con stele recanti la specificazione della condizione di servo o di liberto). Di fronte a queste iscrizioni sono disposti, in sei grandi vetrine, i corredi delle 14 tombe venute alla luce nel 1973. Gli oggetti funerari possono essere differenziati per tipo e significato: compaiono reperti di valore simbolico (lucerne decorate e monete di prima fase imperiale, evocative del mondo infero), manufatti allusivi al tema del banchetto funebre (bottiglie, bicchieri e piatti sia in ceramica sia in vetro soffiato), oggetti del mondo quotidiano e dell’abbigliamento (fibule, spilloni, specilli da trucco, anelli in bronzo, gemme incise, specchi in lamina di bronzo, balsamari e coltelli in ferro).
Il percorso museale termina con l’esposizione di ulteriore materiale lapideo proveniente da sepolcreti venuti in luce in differenti zone e località di Montagnana: un altare funerario da Borgo San Marco, frammenti di stele funerarie da Urbana (Fondo Baron e Fondo Corradin), cippi funerari da Montagnana-Prato della Valle e Santa Margherita d’Adige. Da non dimenticare la parte conclusiva che presenta una serie di materiali litici che sembrano attestare la presenza di una qualche forma di abitato rustico nell’area di Montagnana: si tratta di resti di condutture idriche in trachite, macine per cereali e un frammento di orologio solare. |