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La Preistoria

Il Paleolitico

Dal Paleolitico Inferiore e per tutta la Preistoria la maggior parte dei rinvenimenti archeologici della regione Veneto, nonché i più importanti e significativi siti della regione, si concentrano sui primi rilievi ed in particolare sui Monti Berici e Lessini. Qui per varie ragioni di carattere ambientale e legate alla ricerca archeologica giacimenti archeologici in grotte e ripari sotto roccia, diventati famosi nella letteratura specialistica, hanno restituito potenti e ultramillenarie stratigrafie che hanno contribuito a fare delle Prealpi venete una delle aree meglio documentate della preistoria italiana.

In Europa, attorno ad 1,5 milioni di anni, fa la sua comparsa Homo erectus che è presente del suolo italico in modo intermittente a partire da 1 milione di anni e diventa costante da circa 600.000-500.000 anni dal presente.

In Veneto le più antiche testimonianze umane si datano ad un momento avanzato del Paleolitico Inferiore, fra 500.000 e 300.000 anni fa, e proseguono fino alla sua fine (120.000 anni fa). Sulla base dei dati provenienti da siti al di fuori del Veneto si doveva trattare di piccoli gruppi nomadi occupanti siti all’aperto e ripari sotto roccia, dediti alla raccolta di vegetali, alla pesca, alla caccia di animali anche di grossa taglia, e già abili nella scheggiatura della pietra e dell’osso. Le tracce di tali attività si condensano soprattutto sui Monti Lessini, dove alcuni giacimenti hanno fornito numerosi strumenti della lavorazione della pietra.

I dati frammentari del Paleolitico Inferiore diventano invece più consistenti nel Paleolitico Medio (120.000-40.000 anni fa); in questo periodo l’Europa e il Vicino Oriente vengono popolati dall’Uomo di Neanderthal, primo Homo sapiens, portatore di più complesse tecniche e modi di vita e delle prime sicure tracce di manifestazioni spirituali. Numerosissimi sono i siti veneti di questa fase, alcuni dei quali caratterizzati da articolate e preziose sequenze stratigrafiche. Si tratta ancora soprattutto di grotte e di ripari sotto roccia, localizzati prevalentemente sui Monti Lessini e sui Monti Berici. Fra i rinvenimenti si contano soprattutto manufatti litici, dai quali si evince una sostanziale omogeneità delle culture neandertaliane di tutta la Val Padana; ma non mancano anche carboni e ossa, che attestano sia la caccia ad erbivori di media e grossa taglia, fra i quali anche il mammuth, sia la caccia all’orso delle caverne.

A partire da 40.000-35.000 anni fa (Paleolitico superiore), l’Italia e il Veneto vengono abitate dall’Uomo di tipo moderno (Homo sapiens sapiens), che prende il posto dell’Uomo di Neanderthal. Nella regione sono poco attestate le fasi antiche e centrali del Paleolitico superiore, mentre è decisamente più conosciuto il suo momento finale, noto come Epigravettiano evoluto-finale (14.000-10.000 anni dal presente). Con l’Epigravettiano evoluto-finale, che segna il termine dell’ultima glaciazione, si ampia decisamente il quadro ambientale sfruttato dai gruppi umani, le cui tracce si rinvengono ora anche in siti all’aperto collocati in piena montagna, frequentati verosimilmente nella stagione estiva per ragioni legate alla caccia. Sempre in questa fase compaiono le prime importanti testimonianze locali di vita spirituale, sotto forma soprattutto di oggetti d’arte, fra i quali graffiti ed incisioni figurative e geometriche realizzate su piccoli massi, su ciottoli e su osso. Al medesimo orizzonte appartiene anche la più antica sepoltura di area veneta, rinvenuta presso il Riparo Tagliente.

Il Mesolitico

L’evoluzione culturale ed economica avviatesi durante l’Epigravettiano raggiunge la sua piena maturazione nel Mesolitico, l’ultimo periodo dominato da gruppi di cacciatori-raccoglitori (9000-5500 a.C.). Si tratta ancora una volta di una fase riccamente documentata nell’Italia nordorientale e nell’area veneto-trentina, dove abbondano i giacimenti di caratteristici manufatti di piccole dimensioni (microliti), utili per costruire complessi strumenti e armi da getto e da colpo, quali l’arco (e le frecce) e l’ascia. In questo momento l’Uomo, ormai semi-sedentario, giunge ad abitare e a sfruttare una varietà sempre più ampia di ambienti, come testimoniato dai rinvenimenti archeologici sia in pianura, sia nelle Prealpi e nei primi rilievi, sia, infine, in alta montagna, dove spicca il sito di Mondeval de Sora (Dolomiti Bellunesi); qui fu trovata una sepoltura con un ricco corredo, che ha fornito importanti informazioni sui modi di vita dei cacciatori mesolitici.

Il Neolitico e l’Eneolitico

Con il Neolitico (in Italia settentrionale datato al 5500-3300 a.C.) si compie il passaggio dall’economia di caccia-raccolta a quella produttiva di agricoltura-allevamento, accompagnata dall’introduzione della pietra levigata e soprattutto della ceramica. Per quanto si tratti di un mutamento radicale nei modi di vita, il fenomeno di Neolitizzazione sembra essere avvenuto in Veneto in modo non traumatico, con un processo verosimilmente interno ai gruppi locali di tradizione mesolitica, progressivamente trasformatisi in agricoltori e allevatori. Sono ben evidenti, nei diversi momenti che vanno dal Neolitico antico al tardo Neolitico, i diversi influssi esercitati sulle comunità locali da comunità stanziate in aree limitrofe (Emilia, Lombardia, Trentino) e da gruppi di regioni più lontane (Francia sud-occidentale e Liguria). I rinvenimenti di questa fase, nella quale è plausibile pensare ad un’occupazione relativamente diffusa di diversi ambienti, sono purtroppo relativamente scarsi e distribuiti in modo diseguale. Essi si concentrano nel veronese e nei Monti Lessini, nonché nel comprensorio berico-euganeo. Fra i siti più importanti si contano insediamenti, anche con significativi resti di capanne e strutture abitative, dislocati preferenzialmente in aree umide presso bacini lacustri.

Il quadro archeologico regionale resta fondamentalmente frammentario anche nell’età del Rame (Eneolitico, 3300-2300 a.C.), caratterizzata dall’introduzione e dalla diffusione a livello europeo dei primi oggetti in metallo (rame arsenicato), e alla cui migliore conoscenza ha contribuito in modo determinante il recente ritrovamento in Val Senales (Bz) del c.d. Uomo del Similaun. Le aree del Veneto interessate da rinvenimenti eneolitici restano fondamentalmente le stesse del Neolitico/Tardoneolitico, anche se meno cospicue sono le tracce di abitati. Analogamente la cultura veneta di questa fase sembra manifestare ancora caratteri sostanzialmente locali e di attardamento; fatta eccezione per l’importante sito a carattere funerario-sacrale di Sovizzo nel vicentino, mancano infatti in Veneto complessi ed evidenze paragonabili a quelli delle regioni limitrofe, dove più chiare sono le testimonianze degli sviluppi sociali e culturali mostrati dai primi grandi sepolcreti emiliani e lombardi, nonché dal diffondersi di una nuova e codificata forma di comunicazione per immagini (incisioni e statue-stele della Valcamonica e dell’arco alpino). A testimonianza di un radicamento sempre maggiore nel territorio delle comunità locali vi è tuttavia in Veneto una discreta distribuzione di sepolture (il cui fine non ultimo è proprio quello di affermare il possesso di un territorio), attestate con una certa continuità dal Tardoneolitico e per tutto l’Eneolitico: sepolture collettive nelle aree montane soprattutto del veronese, e sepolture in grotticella e ripari sepolcrali nella fascia prealpina e nei Berici.

Il testo e le immagini (con referenze fotografiche) sono tratti da:
J. Bonetto, I. Venturini, L. Zaghetto, Veneto, Archeologia delle Regioni d’Italia, Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, Roma 2009.